Il senso di tutto si è fatto uno di noi

don Emmanuele Silanos – Fraternità e Missione → 

Cafarnao, Galilea. C’è qualcosa che rende questo luogo straordinario. In un certo senso, ancora più straordinario di Nazareth, di Betlemme, del Santo Sepolcro. Qualcosa che si percepisce percorrendo le vie di questo paesino sul lago di Tiberiade e immergendosi nella vita della gente che ci viveva duemila anni fa.

Nel mese di settembre, siamo stati in pellegrinaggio in Terra Santa, i seminaristi della Fraternità e alcuni preti, e una volta di più ho avvertito una imprevedibile preferenza per questo antico villaggio di pescatori riportato alla luce dagli scavi condotti dai frati francescani solo qualche decina di anni fa. Ciò che rende questo luogo unico in mezzo agli altri è che da queste pietre emerge quello che più profondamente ciascuno di noi, ciascun uomo, ciascuna donna ricerca per sé e per la propria vita. Non solo che ci accada qualcosa di eccezionale, che si possa assistere ad un grande miracolo oppure alla nascita di Gesù, alla sua morte e risurrezione. Ciò che desideriamo, ancora di più, è di fare esperienza di Cristo come qualcosa che accade in ogni istante. Come hanno potuto fare Pietro e i suoi famigliari, che andavano a dormire assieme a Gesù e con lui si svegliavano al mattino. Come i pescatori che lui andava a trovare sulle sponde del lago e la gente che lo ascoltava parlare nella sinagoga, che lo incontrava per la strada, e i soldati romani e il centurione.

Pensiamo ai primi capitoli del vangelo di Marco, a quel susseguirsi ininterrotto di fatti, con i discepoli, con Pietro e i suoi concittadini, che seguono passo dopo passo i Suoi spostamenti: ecco, questo è il cristianesimo. Più ancora che una serie di fatti eclatanti, accaduti una volta per tutte, il cristianesimo è la presenza del divino nella nostra quotidianità, la presenza di Cristo nella nostra vita di tutti i giorni. E non è un caso che sia stato proprio qui, nella sinagoga di Cafarnao, che Gesù ha parlato per la prima volta dell’Eucaristia, ovvero della sua presenza che permane nella storia come fattore della nostra quotidianità, che usa della ordinaria materialità per farsi compagnia alla nostra vita, proprio come quando passeggiava per queste strade ed entrava in queste case.

Il Natale è l’annuncio di questo fatto: il centro del cosmo e della storia che si fa uomo, si fa bambino, per farsi vedere, ascoltare, conoscere dagli uomini che lo attendono. Il Natale è il quotidiano investito di eccezionalità, è il definitivo annuncio che è stata annullata la distanza tra il Cielo e la Terra e che Dio, il senso di tutto, che il cuore di ogni uomo ha da sempre atteso, si è fatto finalmente uno di noi.

E per questo amo molto anche come termina quella serie di fatti descritta all’inizio del vangelo di Marco: si conclude con Gesù che a un tratto sparisce e va a pregare in un luogo isolato, con Pietro che lo trova e gli dice, pieno di ansia: “Tutti ti cercano”. Quando la presenza di Cristo diventa quotidiana, diventa anche indispensabile: non se ne può fare a meno e ognuno si mette a cercarla.

Ma è altrettanto bella la risposta di Gesù: “È vero, tutti mi cercano: perciò dobbiamo andare ovunque”; e decide di partire per un’altra città a fare le stesse cose che ha fatto a Cafarnao. Questa è la missione: rispondere al bisogno di ogni uomo che attende di poter fare esperienza del divino dentro il quotidiano. La missione è permettere che Cristo divenga compagnia di ogni giorno all’uomo come è stato per Pietro e per la gente di Cafarnao, come accade oggi per noi, attraverso la presenza dell’Eucaristia e della nostra comunione.

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