Il riposo

Notte – da “Il portico del mistero della seconda virtù” di C. Peguy → 

Non mi piace chi non dorme, dice Dio.
Il sonno è l’amico dell’uomo.
Il sonno è l’amico di Dio.
Il sonno è forse la mia più bella creatura.
E io stesso mi sono riposato il settimo giorno.
Chi ha il cuore puro, dorme. E chi dorme ha il cuore puro.
E’ il grande segreto per essere instancabili come un bambino.

 

La pigrizia
Non è un più grande peccato dell’inquietudine
E della disperazione e della mancanza di fiducia in me.
Non parlo, dice Dio, di quegli uomini
Che non lavorano e non dormono.
Quelli sono peccatori, s’intende. E’ ben fatto per loro. Grandi
peccatori. Non hanno che da lavorare.
Parlo di quelli che lavorano e non dormono.
Li compiango.

 

Innocenti nelle braccia della mia Provvidenza.
Hanno il coraggio di lavorare. Non hanno il coraggio di non far nulla.
Hanno la virtù di lavorare. Non hanno la virtù di non far nulla.
Di distendersi. Di riposarsi. Di dormire.
Disgraziati non sanno cos’è buono.
Governano benissimo i loro affari durante il giorno.
Ma non vogliono affidarmene il governo durante la notte.
Come se io non fossi capace di assicurarne il governo durante
una notte.
Chi non dorme è infedele alla Speranza.
Ed è la più grande infedeltà.
Perché è l’infedeltà alla più grande Fede.
Poveri ragazzi amministrano nella giornata i loro affari con
saggezza.
Ma venuta la sera non si risolvono,
Non si rassegnano ad affidarne il governo alla mia saggezza
Per lo spazio di una notte ad affidarmene il governo.
E l’amministrazione e tutto il governo.
Come se non fossi capace, forse, di occuparmene un po’.
Di farvi attenzione.
Di governare e amministrare e via discorrendo.
Ne amministro ben altri, poveracci, io governo la creazione,
è forse più difficile.
Potreste forse senza gran (di) danno (-i) lasciarmi in mano
i vostri affari, uomini saggi.
Sono forse saggio quanto voi.
Potreste forse rimettermeli per lo spazio di una notte.
Lo spazio che voi dormiate.
Infine
E l’indomani mattina li ritrovereste forse non troppo sciupati.
L’indomani mattina non starebbero forse peggio.
Sono forse ancora capace di condurli un po’.

 

La saggezza umana dice: Non rimandare a domani
Ciò che puoi fare oggi stesso.
E io vi dico Colui che sa rimandare al domani
E’ quello che è più gradito a Dio.
Colui che dorme come un bambino
E’ anche colui che dorme come la mia cara Speranza.
E io vi dico Rimandate a domani
Quelle preoccupazioni e quelle pene che oggi vi rodono
E oggi potrebbero divorarvi.
Rimandate a domani quei singhiozzi che vi soffocano
Quando vedete l’infelicità di oggi.
Quei singhiozzi che vi salgono e vi strangolano.
Rimandate a domani quelle lacrime che vi riempiono gli occhi
e la testa.
Che v’inondano. Che vi cadono. Quelle lacrime che vi colano.
Perché da qui a domani, io, Dio, sarò forse passato.
La saggezza umana dice: Disgraziato chi rimette a domani.
E io dico Beato, beato chi rimette a domani.
Beato chi rimette. Cioè Beato chi spera. E che dorme.

 

Perché sei tu che culli tutta la Creazione
In un Sonno riparatore.
Come si adagia un bimbo nel suo lettino,
Come sua madre lo adagia e come sua madre lo rincalza
E lo bacia (Non ha paura di svegliarlo.
Dorme così bene.)
Come sua madre lo rincalza e ride e lo bacia in fronte
Scherzando.
E anche lui ride, ride in risposta dormendo.
Così, o notte, madre dagli occhi neri, madre universale,
Non più soltanto madre dei bimbi (è così facile)
Ma madre degli uomini stessi e delle donne, e questo è così
difficile,

 

O Notte, o figlia mia Notte, tu la più religiosa delle mie figlie
la più pia.
Delle mie figlie, delle mie creature colei che è più nelle mie
mani, la più abbandonata.
Tu mi glorifichi nel Sonno ancor più di quanto tuo Fratello
il Giorno mi glorifichi nel Lavoro.
Perché l’uomo nel lavoro non mi glorifica che per mezzo del suo lavoro.
E nel sonno sono io che glorifico me stesso per mezzo
dell’abbandonarsi dell’uomo.
Ed è più sicuro, io ci so far meglio.

 

Notte tu sei la sola che fasci le ferite.
I cuori doloranti. Tutti scassati. Tutti smembrati.
O mia figlia dagli occhi neri, la sola delle mie figlie che sia,
che io possa dire mia complice.
Che sia complice con me, perché tu ed io, io per mezzo tuo
Insieme facciamo cadere l’uomo nella trappola delle mie braccia
E lo prendiamo un po’ per sorpresa.
Ma lo si prende come si può. Se qualcuno lo sa, quello sono io.

 

Tu che addormenti, tu che avvolgi già in un’Ombra eterna
Tutte le mie creature
Più inquiete, il cavallo focoso, la formica laboriosa,
E l’uomo questo mostro d’inquietudine.
Da solo più inquieto di tutta la creazione tutta insieme.