Antonello Iapicca
Natale in Giappone, Tokyo, 2019. Un giorno come tutti gli altri, anzi con più traffico, incapsulato nelle lamiere che tentano di avanzare sul terzo livello dell’autostrada cittadina. Poi in metro, dove respiri un cocktail di aliti e respiri di chi cerca spazio vitale nel tuo minimissimo spazio vitale.
Migliaia di persone e non una parola, ciascuno nel proprio mondo eppure lontano anni luce da se stesso e da chi gli si incastona lentamente nei fianchi. Stanchi, stressati, sognanti come disegni evaporati da un manga.
Del Natale nulla, come delle luci e dei gingle bell, dei Babbo Natale e delle stelle colorate sino ad ieri protagonisti ovunque e poi nessuna traccia, riposti velocemente allo scoccare della mezzanotte. Finito il Natale dei regali il giorno di Natale in cui si scartano i regali. Tutto consumato rapidamente e voracemente, come il consumismo esige.
Del Natale nulla dunque, ma forse, proprio perché non vi è nulla, il Natale più vicino a quello originale di duemila anni fa è proprio qui, Giappone, Tokyo, zona centro, un 25 dicembre di lavoro e business, vita e morte, speranze e fallimenti come ogni altro giorno.
Non era così anche Betlemme “la notte in cui nascette Ninno”? Chi poteva immaginare che Dio si sarebbe fatto carne e occhi e sguardo e pianto proprio in quella grotta, in quel momento? Chi nella splendida Roma e chi in qualunque altro angolo di mondo che non fosse stata quella stalla? Chi, al di fuori di Giuseppe e Maria, e poi di alcuni pastori, gli ultimi degli ultimi, e alcuni Magi in qualche Paese d’Oriente? Nessun altro.
Come oggi a Tokyo, Stazione centrale, dove tutti corrono verso una meta che nessuno sa essere solo una stazione in più verso un destino altro, infinitamente più grande, eternamente più in là. Allora ti accorgi che qui, come in ogni altro posto di questo mondo di questo tempo, Natale sei tu, raggiunto immeritatamente e misteriosamente prima di altri perché per gli altri, dalla grande luce rifulsa sul volto di Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, e di Uomo avvolto in bende deposti Ina tomba. La luce di Gesù Figlio di Dio crocifisso per i peccati di ogni uomo e risuscitato per la giustificazione che dà la vita.
E, confuso, non comprendi perché sia stato scelto tu, che non sei meglio di nessuno che ti consegna il respiro in questo vagone e che non spera nemmeno di osare sperare una Luce come quella che è rifulsa in te.
Ma sai che sei un vaso di creta, fragilissima, e che ogni istante della tua storia è stato per essere qui ed ora il Natale di Gesù per chi ti è accanto. Dove non c’è Natale ci sei tu, amato e chiamato dall’annuncio del Vangelo, pastore anche tu come quelli di quella notte a Betlemme; come loro, prima della voce degli angeli, non eri neanche persona, ti disprezzavi nel disprezzo satanico sperimentato e patito.
Dove non esiste Natale ci sei tu accolto nella grotta della Chiesa, gestato e partorito dalle stesse viscere di misericordia della Vergine Maria, allattato dai sacramenti e dalla Parola di Dio, custodito dal silenzio virile e coraggioso di quanti, sino ad oggi, ti hanno amato come Giuseppe.
Ed ecco, ora in questo treno come in ogni altro giorno ad ogni centimetro di mondo, sei deposto nella mangiatoia, consegnato ad ogni uomo. Ogni tuo dolore, frustrazione, schiavitù, ogni istante da te vissuto era un frammento dell’incarnazione di Dio in te in vista di questa sua ora nella quale Gesù vuole consegnarsi di nuovo nel mondo.
Il mondo dove ti ha deposto oggi, e ogni giorno. Allora ti accorgi, in questa specialissima mattina di Natale dove non c’è Natale, che tutto di te è stato, da sempre e per sempre, prezioso come è preziosa agli occhi di Dio la vita di ogni suo figlio perduto. Nulla da scartare, neanche il peggio, neanche il fetido e lo scandaloso, nulla, perché in tutto è sceso il Santo, il Puro, la Pace, la Gioia, la Verità, l’Amore incorruttibile; in quel tutto di te che ti ha fatto parte di ogni dolore, angoscia, fallimento e peccato del popolo nel quale sei chiamato a vivere, perché nulla di nessuno ti sia estraneo, perché Gesù possa, in te, arrivare ad ogni ferita, e sanarla, baciarla, sanarla.
Non importa se chi ora è su questo treno non se ne accorge, non sa e neppure immagina. Non lo sapeva nessuno quella notte a Betlemme, ma per tutti era nato Dio dal seno benedetto di Maria. Cosi come te, qui in Giappone, come ogni cristiano in ogni posto del mondo, sei rinato in Cristo dal seno della Chiesa per essere deposto accanto a questi fratelli, ad accogliere in te il loro respiro per consegnare a ciascuno, gratuitamente, il soffio di Vita Eterna che ha salvato te.
Essere Natale dove non c’è Natale, essere Cristo dove Lui è già ma ha bisogno di un corpo, di carne capace di soffrire e offrirsi. La nostra.
Veramente una meditazione molto forte e molto scomoda quanto vera! Fatte le dovute Proporzioni, anch’io trovandomi a Natale in una città non italiana, ho pensato a quanto fosse moderna e funzionale (troppo facile il confronto con Roma!) ma priva dei segni reali del Natale e mi sono chiesto chi o cosa dovesse essere segno del Natale! Siamo inadeguati e fragili, è vero, ma forse il Signore conta su noi che ci diciamo cristiani più di quanto noi possiamo credere…. In tali momenti senti la responsabilità di portare questo nome e la fortuna di avere compagni di viaggio come quelli, ad esempio, che incroci in parrocchia! In una comunità viva, ovvero dove Lui vive… Sgorga un grazie dal cuore ed un augurio forse scomodo di sentire sempre più questa responsabilità e rispondere con tutto se stessi! Buon anno nuovo! Roberto B.