Pellegrinaggio alla Porta Santa

don Paolo Desandrè

Canto: La canzone di Maria Chiara [Chieffo]

  1. La mia Porta sarà chiusa

C’è una porta che si è chiusa dietro le nostre spalle. Abbiamo preteso di conoscere noi la strada della nostra felicità, per il nostro compimento. Dopo aver ricevuto tutto da Dio, gli abbiamo voltato le spalle, abbiamo preteso di farci da noi.

Come il figliol prodigo abbiamo lasciato la casa del Padre sbattendo la porta.

All’inizio ci siamo sentiti forti e liberi staccati da Lui, potenti… Ma è durato poco… Abbiamo presto capito che è stato tutto un inganno di chi ci voleva separare dal Padre, dal nostro Creatore.

Il diavolo, invidioso del nostro essere così amati, del nostro essere figli, ha trovato il modo di metterci contro il Padre, ci ha messo dentro la testa il pensiero che Lui non ci è veramente Padre. Certo, magari tante volte lo diciamo a voce, Padre nostro che sei nei cieli… Sia fatta la Tua volontà… ma concretamente vogliamo solo la nostra di volontà e così ci stacchiamo da Lui a volte senza veramente pensarci, lasciandoci trascinare dal mondo; e ci troviamo come un torrente che si staccasse dalla sua sorgente, come un albero che si staccasse dalle sue radici, come un piccolo feto che staccasse il cordone ombelicale.

Siamo noi che abbiamo chiuso la Porta, ci siamo nascosti per rimanere soli, a volte per rimestarci nel nostro vittimismo, nel nostro lamento e per di più a volte accusando proprio Dio di averci chiuso fuori. Abbiamo iniziato ad aver paura di Dio e quindi di tutta la realtà.

 

 

 

In queste bellissime immagini prese dalla facciata del Duomo di Orvieto trovo che si scolpito in modo inarrivabile la conseguenza di questo esserci chiusi la Porta dietro di noi. Prima vivevamo in quel giardino nella compagnia del Padre, vivevamo come figli amati e preziosi ai suoi occhi, eravamo lo stupore degli angeli. Ma poi il tentatore si è insinuato in mezzo a noi e ci ha separati da Lui e tra di noi. E guardate quale è la conseguenza! Come animali braccati, pieni di paura della nostra nudità, coprendoci il volto per non vedere, coprendoci le orecchie per non ascoltare la sua voce.

Parlare di Adamo ed Eva e del peccato originale non è parlare di una favoletta da bambini ma è parlare della nostra condizione di uomini. Ascoltiamo questa testimonianza.

Testimonianza di fra Simone

Eremo delle Carceri (settembre 2020)

[…] i miei genitori erano totalmente atei e lo ero anche io. Semplicemente ho sempre creduto che tutto dipendesse solamente da me. Ho studiato e ero tanto appassionato di sport, di nuoto dove ero anche abbastanza bravo e ottenevo dei bei risultati.

Ma ad un certo punto della mia vita è accaduto qualcosa che non ha più lasciato le cose come prima. Il mio migliore amico -avevamo 17 anni- si è tolto la vita. Prima di farlo ha lasciato scritto un biglietto a noi suoi amici: “Io non trovo un senso a questa vita. Spero che voi riusciate a trovarlo”

Dopo questo fatto mi sono chiuso sempre di più. Ho iniziato a non uscire più di casa, a barricarmi in casa. Mi sono come sepolto lì dentro e dentro di me è cresciuta una rabbia verso Dio che, se esisteva, aveva permesso tutto questo. Sono crollato nella depressione e non vi nascondo che tante volte ho pensato al mio amico dicendomi che forse lui aveva scelto la strada giusta. Questa voce mi sussurrava dentro la testa. E avrebbe prevalso se ad un certo punto non fosse accaduto un altro fatto inaspettato.

  1. Io sono la Porta!

“Un fatto inaspettato”. Ecco l’annuncio di quest’anno santo: la Porta è stata aperta lì dove tutto sembrava morto, lì dove tutto sembrava non poter cambiare più, lì dove ogni speranza era venuta meno. Quella porta spalancata è un invito a spalancare le porte del nostro cuore a Gesù che bussa, che viene a cercarci.

[continua la testimonianza di fra Simone] Era un pomeriggio come tanti e ad un certo punto qualcuno suona al campanello di casa. Era un ragazzo della parrocchia che è entrato e ha fatto un gesto che -capisco- mi ha cambiato: mi ha abbracciato. Io non lo conoscevo. E’ venuto per me gratis e mi ha abbracciato. Quell’abbraccio mi ha scardinato. Quel ragazzo, Lorenzo, stava preparando uno spettacolo teatrale e aveva bisogno di un aiuto di braccia forti e aveva pensato a me. Mi disse che mi aspettava nel pomeriggio alle 16:00. Io, non so come -perchè in quello stato avrei certamente detto di no perchè non ero più uscito di casa- ho detto “sì”. E il pomeriggio sono arrivato alle 14:30, un’ora e mezza prima dell’orario stabilito.

Mi sentivo sporco di tutto il male che ho fatto, pensato, rivolto soprattutto ai miei genitori, ai miei amici. Tanto male! In chiesa non c’era nessuno. Sono entrato e mi sono seduto su un banco e davanti a me c’era un crocifisso. Guardandolo ad un certo punto sono scoppiato a piangere e non riuscivo più a fermarmi e da dentro mi è uscito un grido -ho proprio gridato in chiesa- PERDONAMI!! Io che non avevo mai pregato in vita mia.

Verso le 16:00 vedo arrivare Lorenzo insieme al sacerdote. Vado dritto da lui e gli dico che volevo confessarmi. Una confessione che è durata 1 ora. Mentre mi confessavo quel prete piangeva. Alla fine della confessione pensavo che me ne avrebbe dette tante ed invece si è inginocchiato e mi ha baciato i piedi!!

La Porta si apre e si riapre attraverso il nostro “sì”, attraverso il “sì” di Maria che, come nel bellissimo dipinto del Beato Angelico, occupa uno spazio triplo rispetto al “no” di Adamo ed Eva. E’ un “sì” sempre possibile.

 

Con questo “sì” di disponibilità permettiamo a Gesù di togliere la pietra, piccola o grande che sia, che ci ha chiusi come dentro un sepolcro dove tutto sembra farci soffocare, dove tutto è buio e non ci fa più capire la realtà

In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. “(Gv 10, 7-10)

Dio si è fatto pastore per cercare la pecorella smarrita che siamo noi, Dio ha aperto la porta del suo cuore e ci aspetta. Attraversare la Porta Santa significa incontrare il Signore, fare un passo verso di Lui che è venuto a cercarmi, che ha aperto la Porta.

Per Zaccheo, la Maddalena, per Pietro e Paolo, per Disma, Gesù è la Porta attraverso cui la loro vita è entrata ed è fiorita in tutta la sua meravigliosa bellezza.

Questa porta sono in modo sommo i sacramenti, segni efficaci con cui possiamo lasciare entrare la Grazia di Cristo nella nostra vita e cambiare. Per questo varcare la Porta Santa non è una magia, un atto magico ma ha bisogno di un desiderio di conversione. In questo anno santo ci è dato di riscoprire la potenza del sacramento della confessione come rinascita, come strumento privilegiato per rialzarci e camminare (“Mentre mi confessavo quel prete piangeva. Alla fine della confessione pensavo che me ne avrebbe dette tante ed invece si è inginocchiato e mi ha baciato i piedi!!”). Questo sacramento è l’Eucaristia, il Suo Corpo e il Suo Sangue con cui, se lo riceviamo in Grazia di Dio, possiamo a poco a poco entrare nell’esperienza che san Paolo ci ha descritto: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”.

In special modo questi sacramenti sono la Porta di ingresso. Ma questi sacramenti vivono dentro una Vita che è la vita della Chiesa, della Compagnia cristiana. Anche noi possiamo ridurre il sacramento ad un gesto magico se lo stacchiamo dal Corpo che compie il gesto. Ogni gesto ha bisogno di un corpo. Allora i sacramenti per esprimere tutta l’efficacia hanno bisogno che ognuno di noi si lasci abbracciare dal Corpo di Cristo che è la Chiesa reale, fatta di noi, proprio come un seme che per germogliare ha bisogno di essere abbracciato dalla terra.

Che questo anno e anche questo gesto sia per tutti noi la domanda di lasciarci abbracciare dalla terra della Compagnia Cristiana, dal suo Corpo che è la Chiesa.

Per questo cantiamo: Noi non sappiamo chi era. [Luigi Giussani]

  1. Noi siamo la Porta!

Ed ecco l’ultimo passo. Entrando attraverso la Porta che è Cristo, lasciando che Cristo ci abbracci attraverso il segno efficace dei suoi sacramenti e del sacramento che è la Sua Chiesa, la Sua Compagnia, noi stessi diventiamo Porta.

Come il Padre ha mandato me, così anche io mando voi”, stando vicini a Gesù, attaccandoci a Lui, noi siamo il lembo del mantello che porta guarigione e salvezza.

Noi andiamo alla Porta Santa, attraversiamo la Porta Santa per diventare anche noi Porte Sante, proprio lì dove il Signore ci chiama a vivere: in casa, sul luogo di lavoro, a scuola, in università, in un letto di ospedale, persino in un bar…

Sentite cosa racconta questa cameriera in questa lettera che ha scritto ad alcuni clienti del bar…

Gentilissimi signori R.,
[…] Vi starete domandando il motivo di questo gesto…

In effetti me lo sto domandando anch’io. Non lo so. Non l’ho mai fatto prima d’ora. Non mi è mai capitato di sentire la necessità di esprimere a dei clienti, con cui tra l’altro la confidenza è minima, quello che penso di loro. […]

Sono quasi 7 anni che lavoro in trattoria. Ed è tanto che vi osservo.

Ne ho conosciuta di gente qui, di ogni genere. Ci sono stati clienti a cui mi sono affezionata tantissimo […]. Clienti la cui presenza mi infastidiva. Clienti che ho disprezzato. Clienti che mi lasciavano indifferente.

E poi… voi. Una categoria a parte. Poche volte nella mia vita, anche al di fuori del lavoro, ho conosciuto persone così. […]

Vi ascolto quando parlate. So che non dovrei farlo, so che sono invadente perchè non sono affari che mi riguardano… ma […] vi ascolto con grande interesse perchè quello che dite è sempre maledettamente intelligente. […] Mi piace sentirvi parlare […]

Voi non avete idea di quanti ricordi io abbia di voi. […] Potrei riempire pagine numerando ciò che mi ricordo di voi. Ma non è il caso. Non è finita. C’è dell’altro. […] Molti mi considerano “quella che porta i piatti” […] Voi no. Da voi mi sento guardata con occhi diversi. […] Ed è questo ciò che mi piace. […] Ed è per questo che vi ringrazio.

C’è dell’altro. Ultimo punto, giuro. […]

Vi vedo quando vi fate il segno della croce e, anche se sono non credente, mi piace tantissimo. Per la vostra naturalezza, perchè non vi vergognate di porre la vostra fede sotto gli occhi di tutti (senza tuttavia volerla esibire). Siete persone belle, genuine. […] Con enorme stima, la vostra cameriera. Simona (Tracce, febbraio 2009)

E sentite cosa racconta questa infermiera incontrando una sua paziente…

Mi presento, sono un’infermiera del Policlinico di Milano. E’ da qualche mese che nel mio reparto viene a curarsi una ragazza affetta da tumore, una fra le tante, come ne ho viste passare tante in questi anni: persone straziate dal dolore, con nessuna speranza, disilluse, accanite solo contro la malattia, abbandonate alla furia del dolore che scende in una solitudine immensa, dove si sperimenta il baratro della miseria umana e il vuoto di una impotenza davanti al male che, spesso, né i medici, né noi infermieri possiamo domare. Ma lei è diversa. Diversa perchè non arriva qui con lo sguardo rassegnato: è sempre serena, disponibile, attende sempre con pazienza, sopporta ogni dolore (prelievi del sangue, del midollo, biopsie); è come se non subisse la difficoltà, ma volesse viverla da protagonista […]

Una volta, mentre le iniettavo la chemioterapia, le ho guardato il suo bel viso; i suoi occhi azzurri erano pieni di pianto e le sue labbra mormoravano qualcosa: era una preghiera. […]

Ultimamente non vedo l’ora che arrivi il lunedì per poterla vedere, per poterle parlare, ma più di tutto per poterla osservare mentre rende sacro quello che per gli altri normalmente è una condanna. La sua è una maniera più vera, più dignitosa di stare. Quando le chiedo come fa a essere così serena nonostante le cure così terribili e spesso non sufficienti per fermare il male, mi risponde che lei è di Cristo e che quindi la sofferenza ha un senso se offerta a Lui. Io non capisco: posso solo intuire e invidiare questa forza interiore, che non è poi solo interiore, ma è forza di vita. Non sono cristiana praticante, ma da quando ho conosciuto lei è come se mi fosse diventato palpabile che qualcosa deve esserci: è evidente nella sua persona, nella sua maniera di stare.

Se Cristo ha mai avuto degli occhi per me sono quelli di questa ragazza che ama tutto di più di come faccio io, che suscita in me un senso di bene, di gioia, solo nel vederla. […]

Non viene meno al suo dovere di studiare; questa è una cosa che mi ha fatto molto riflettere. Il Cristianesimo non ti solleva, quindi dalle incombenze della vita, ma ti dà il giusto motivo per affrontarle. La gente qui normalmente non conduce più una vita normale […] Lei no. La malattia non l’ha annientata, continua a fare quello che deve, come può. […] E’ commovente vederla arrivare qui con i libri sottomano. E’ l’unica qui ad avere un aggancio con la realtà. Non vuole dimenticare il dolore: lo vive. […] La presenza di questa ragazza mi cambia, mi fa desiderare di più dalla mia vita: una gioia inimmaginabile prima, ma sperimentabile ora. Anna.
(tratto da Attraverso la Compagnia dei credenti, BUR pag. 86-88)

Chiediamo in questo pellegrinaggio che il Signore Gesù ci faccia diventare Porte Sante affinchè chi incontra la nostra vita possa trovare la Porta per incontrarLo e salvarsi.