Ascolta la voce del mare…

Commento a un frammento del film “La leggenda del Pianista sull’oceano” di G. Tornatore →

 

Novecento: non sembra felice di andare in America…
Contadino: non è l’America… è quello che lascio dietro le spalle… fino a pochi anni fa conoscevo solo il mio campo. Il mondo per me cominciava e finiva in quel piccolo pezzo di terra. Non avevo mai passeggiato per la strada grande di una città… forse non mi capisci…
Novecento: la capisco benissimo… conosco un tale a cui succede qualcosa di molto simile.
Contadino: e anche a lui il campo si è seccato? la moglie è scappata con un altro? e la febbre ha ucciso i suoi cinque figli?
Novecento: no però anche quel tale è rimasto solo.
Contadino: allora è più fortunato di me! Io ancora ho una figlia. La più piccola è sopravissuta alla morte. È solo per lei che ho deciso di ribellarmi alla sfortuna e viaggiare per il mondo senza meta. Finché un bel giorno, dopo aver attraversato uno dei tanti paesi che non conoscevo, arrivo a una collina, vado su e mi trovo davanti lo spettacolo più bello che ho mai visto… il mare!
Novecento: il mare!?
Contadino: non lo avevo mai visto prima… sono rimasto come fulminato perché ho sentito la sua voce…
Novecento: la voce del mare!?
Contadino: si la voce del mare… è come un urlo… un urlo gigantesco. Che grida e grida. E quello che grida è: “voi uomini… volete capirlo? la vita è infinita… infinita…”. Non lo avevo mai pensato prima. Quel giorno è scoppiata una rivoluzione nella mia testa. Così improvvisamente decisi di cambiare mondo e cominciare di nuovo.

Il contadino ha perso tutto. Cammina disperato e senza meta pensando che la sua vita è finita. Si sente condannato dal destino.  Davanti al mare si ferma pieno di stupore. Sente la voce del mare cioè la voce di Dio che gli parla. Il contadino si commuove perchè si sente guardato, abbracciato quindi salvato. Il mare grida: La vita è infinita… cioè non è finita come pensi tu, non sei curioso di vedere cosa ti ho preparato? il contadino prima vagava senza meta… dopo aver ascoltato la voce del mare riparte per l’America… lascia la sua terra e attraversa l’oceano per iniziare una nuova avventura. Passa dal vecchio al nuovo mondo e lui che faceva il contadino diventerà un pescivendolo. E’ una conversione totale. Dedico questo frammento a tutti quelli che si sentono condannati dalla vita… durante le vacanze trovate un momento per stare in silenzio davanti al mare e ascoltare la sua voce. [Don Michele Lugli]

3 Commenti

  1. Mi colpisce molto questa cosa… Parlandone (don Mik) mi facevi notare che Novecento suona, compone, fin che é in alto mare, poi arrivato al porto smette, non riesce più a suonare. Per le caratteristiche di un porto, la voce del mare è flebile, entra nel porto in silenzio, non lo senti.

    Novecento, invece, proprio in mezzo al mare, dove la sua voce é sicuramente molto potente, in cui tutt’intorno c’è solo lui e il mare, Novecento suona, compone cose incredibili, la gente balla, parla festeggia, attende di arrivare al porto, attende la meta di quel viaggio, e la voce del Mare soffoca in questo frastuono …

    Quante volte noi nella vita facciamo così, ci riempiamo di cose da fare, di distrazioni rumorose, di cose anche apparentemente belle, dicendo pure “così mi svago, così non ci penso”, soffocando quel bisogno di Lui, di ascoltare la voce del mare, la voce di Dio… Che mi dice “Ci Sono non temere…”

  2. Il mare, “Mare nostrum”, l’amato Mar Mediterraneo, fin dall’antichità culla della civiltà, luogo di incontro e di scontro delle civiltà più antiche! Adesso luogo di tragedie quotidiane, con affacciati tutti noi spettatori attoniti, indifferenti o, quanto meno impotenti davanti all’incapacità di dialogo vero e non ipocrita degli uomini di governo delle nazioni europee e di tutto il mondo.
    Quel blù intenso, quell’orizzonte che si perde lontano, richiama prepotentemente all’affido a Maria Santissima e alla preghiera del Santo Rosario.

  3. “Il contadino si commuove perchè si sente guardato, abbracciato quindi salvato.”

    Per ricominciare tante volte “basta” solo questo: sentirsi guardati e, soprattutto, abbracciati da qualcuno.
    Qualcuno a cui vai bene così come sei. Qualcuno che trasforma i nostri fallimenti, in occasioni da cui ripartire, le nostre paure in punti di forza.

    Forse Novecento non ha avuto coraggio di scendere quei tre gradini perché non è riuscito a riconoscere questo sguardo, con il quale uno riuscirebbe a sconfiggere ogni paura, ogni incertezza..

    Soprattutto ai giorni d’oggi, nei quali ci “bombardano” costantemente di come dovremmo essere, cosa dovremmo avere, cosa dovremmo fare per essere più “in”, piu alla moda, più “fighi; soprattutto oggi, che siamo quasi “costretti” a costruirci un’immagine di noi, ad indossare una maschera per “andare bene” agli altri, non è da sottovalutare l’importanza di chi ti guarda, di chi ti guarda dentro e ti abbraccia per come sei. Che abbraccia tutte le tue ferite, i tuoi sbagli, le tue paure, i tuoi fallimenti e ti fa amare la tua vita per quello che è.

    La voce del mare non si arriva a sentirla da soli, c’è sempre qualcuno che ti incoraggia ad “affrontare la tua sfortuna” (il contadino, senza la figlia non avrebbe mai intrapreso il suo “viaggiare per il mondo senza destino”), che dalla tua sfortuna, dal fondo in cui ti trovi, ti spinge a risalire su, fino ad arrivare su quella collina da cui si vede il mare, e riconoscere il proprio destino.

    “È come un grido, un grido grande e forte. Che strillava e strillava”
    È un grido che abbiamo dentro, un grido costante, che è sempre lì, è sempre stato lì, dentro di noi. È un grido rinchiuso dentro di noi che quando incontra il mare esplode. Esplode con la forza di un uragano, e possiamo decidere se ascoltarlo fino in fondo e “scendere dalla nave” o tapparci le orecchie, consapevoli di morire sulla nostra nave.

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