Tina Roncella
Ieri sera in Piazza San Pietro è successa una cosa che mi ha riempito il cuore.
Dopo aver consegnato i pasti ai senzatetto come facciamo da tempo, abbiamo iniziato a intonare dei canti natalizi. Avevamo deciso di fare questo “dono” ai nostri amici senza fissa dimora. Purtroppo ci siamo resi conto subito che non erano molto interessati ai nostri canti.
Io ero dispiaciuta perché avevo molto desiderato questa serata.
Allora Don Dino ci ha proposto di andare a cantare di fronte al Presepe al centro della piazza. Abbiamo iniziato di nuovo dalla prima canzone in scaletta.
In quel momento mi sono accorta che non cantavo più per essere vista o per gratificare qualcuno. Cantavo perché ero di fronte al Presepe, cantavo perché era lì che volevo stare. E ogni canto mi riempiva sempre più di gioia. E credo che la stessa cosa capitasse anche agli altri membri del nostro coretto perché come finivamo un canto, ne cercavamo un altro anche se non era in scaletta. Cantavamo per il gusto e la gioia di farlo. In quel momento ho sentito che stavo cantando veramente per “Qualcuno”. Non mi importava se mi guardavano. Io volevo essere lì.
Inoltre uno dei nostri amici senza tetto ci aveva seguito e stava cantando con noi pur non sapendo i canti. Spero di incontrarlo di nuovo perché anche stare con lui è stato bello.
Spero di conservare e ricordare spesso questa esperienza perché in quel momento avevo un cuore grande. Ho avuto la sensazione di Pregare molto più intensamente che non durante la preghiera che faccio tutte le sere prima di dormire.
Anch’io quella sera a San Pietro sono stata toccata in particolare dal giovane, unico tra i “senzatetto” (anzi che hanno il cielo come tetto), che con tanto desiderio di partecipazione si è unito al nostro coro.
Su quanto sia importante nella mia vita, poter fare parte del coro mi piacerebbe saperlo dire, soprattutto a chi è giovane. Ascoltare le altre voci (contralti, tenori ecc) e riuscire ad inserirsi fondendo la propria voce alle altre, facendo attenzione a chi dirige per andare a tempo e modulare l’intensità del suono e al contempo porre attenzione alle parole, aiutano moltissimo a pregare avvertendo una crescente comunione con gli altri, non solo con chi fa parte del coro, ma con il celebrante e con tutte le persone che partecipano alla messa. È una tensione ad una unità nella diversità dei tanti che siamo, che solo Dio può compiere.
Non finirò mai di ringraziare il sacerdote che tanti anni fa mi invitò a fare parte del nostro coro, in un momento che mi lasciò sconcertata perché lo fece mentre mio padre era ormai in fin di vita, ma mi fidai di quel suo invito, anche per come lui stava accompagnando mio padre, me e la mia famiglia al doloroso distacco che tuttavia offriva un cammino di speranza vera, quella nel Risorto.
Canto per pregare, canto perché il canto mi fa sentire più vicina a Dio e Gesù. E quando mi soffermo a pensare alle parole, quando magari mi richiamo all’attenzione e mi dico “ma ti rendi conto delle parole? Ti rendi conto di cosa stai dicendo? Ti rendi conto di cosa questo canto dice”? , spesso mi escono le lacrime, e non riesco più a cantare (soprattutto con i canti del periodo di Pasqua).
E quando qualcuno a fine messa si avvicina a noi del coro facendoci i complimenti per come abbiamo cantato durante la Messa, io spero sempre che quel complimento sia scaturito perché siamo riusciti a “emozionare” con le parole tanto quanto quel canto ha toccato il nostro cuore (o magari anche di più)
Grazie per la bellissima testimonianza. Ho sempre creduto che nel nostro piccolo coro ci fosse costantemente la mano del Signore ed è quella che ci fa provare forti emozioni.