Tutto chiede salvezza!

Michele Lugli

Per non abbandonare il Natale alle nostre spalle come una fiaba per bambini dobbiamo scoprire che cosa centra con la nostra vita. Dobbiamo ripartire dalla domanda a cui il Natale risponde.

Per questo vi propongo la lettura di “Tutto chiede salvezza”; è un romanzo di Daniele Mencarelli da cui è tratta anche una recente serie tv firmata NETFLIX. L’autore racconta un’esperienza vissuta a venti anni in un reparto psichiatrico in cui è stato ricoverato per un trattamento sanitario obbligatorio.

Tutto inizia con una domanda bruciante che non trova risposta: che senso ha la vita? la scintilla che fa esplodere Daniele è l’incontro con un compagno del liceo, intelligente e brillante, laureato in ingegneria che a causa di un incidente è regredito all’infanzia. Che senso ha la vita se un incidente ti taglia le gambe?

Daniele senza successo tenta di spegnere l’angoscia andando con gli amici in discoteca e sballandosi con la droga. Rientrato a casa di fronte alla tv che offre solo immagini e parole vuote la rabbia esplode contro tutto e tutti. Il giorno dopo Daniele si risveglia in ospedale dove conosce i sui compagni di ventura.

Giorgio è un ragazzo alto, grosso e con lo sguardo perso; quando aveva 10 anni la mamma è uscita di casa e non è più tornata; lui è andato a cercarla con il nonno, l’ha ritrova in ospedale, ma è già morta; al nonno è concesso di vedere per l’ultima volta la figlia… lui invece non può entrare a dare l’ultimo saluto alla mamma per questo da allora la cerca.

Mario è un professore che ama la poesia; in un momento di follia, esasperato dalla tensione di un rapporto difficile, ha tentato senza riuscirci di uccidere la moglie e la figlia; profondamente pentito per quello che ha fatto è in cura da anni, ma la terapia non riesce a liberarlo dal senso di colpa che lo perseguita soprattutto di notte.

Gianluca è un uomo, ma si sente donna; parla di se al femminile; usa smalto e rossetto; lotta tra il “periodo bianco” in cui è ossessionato dal sesso e il “periodo nero” in cui vuole solo morire; cerca l’uomo della sua vita che possa abbracciare e unire il suo io spezzato.

Alessandro non parla e non si muove; non ha subito nessun trauma fisico; lavorava con il padre muratore che un giorno prima di andare a comprare del cemento gli affida la costruzione di un muro; quando il padre torna trova il muro costruito ma storto e il figlio paralizzato per lo choc di non essere capace di tirare su un muro dritto.

Madonnina non ha nome ma solo un soprannome; non parla quasi mai, grida, fa dei versi, ha lo sguardo sempre impaurito; invoca continuamente l’aiuto della Madonna: “Maria ho perso l’anima! Aiutami Madonnina mia!”.

Nel titolo del romanzo c’è la chiave di lettura: “tutto chiede salvezza”; dentro la vita c’è un grido che chiede salvezza; ogni esperienza dell’uomo è un dito puntato altrove; è una salvezza che non possiamo fabbricare con le nostre mani ma che possiamo solo invocare e attendere;

Questo non vale solo di fronte al male, ma anche di fronte alle cose belle della vita: mentre guardi la donna che ami come fai a non desiderare che non muoia. Mentre lavori con passione come fai a non desiderare che quello che costruisci non sia solo un castello di sabbia che la marea distrugge al tramonto. Quando vivi una bella vacanza con la famiglia o una bella serata con gli amici come fai a non desiderare che non sia solo un momento che passa.

Tutto chiede salvezza! Ma chi può rispondere a questo grido? Chi può svelarmi che senso ha la vita come desidera Daniele? Chi può ridarmi mia madre che è morta come desidera Giorgio? Chi può liberarmi dal male che ho fatto come desidera Mario? Chi può abbracciarmi per unire i frammenti della mia vita spezzata come desidera Gianluca? Chi può accompagnarmi per attraversare il fallimento senza sentirmi un fallito come desidera Alessandro? Chi può ridarmi la mia anima che ho venduto al diavolo come desidera Madonnina?

Purtroppo, spesso, viviamo fuori dalla vita e come dice il proverbio “quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito”. Ubriachi di benessere materiale non vogliamo guardare in faccia il nostro vero bisogno; la salvezza che cerchiamo non è un momento di pace, un’emozione, uno stato d’animo; la salvezza non è possedere un nuovo gadget, realizzare un progetto o raggiungere un obbiettivo; la salvezza non è avere una stabilità economica o una buona salute; la salvezza non è risolvere un problema o curare una malattia; desideriamo salvare tutta la vita non solo un momento della vita.

La salvezza che cerchiamo non viene dalla psicologia, dalla medicina, dalla scienza, dall’economia, dalla politica, dalla scuola, dalla famiglia, dall’amicizia, perché tutte queste realtà contengono la stessa ferita che cerchiamo di curare quindi non possono salvarmi; possono aiutarmi ma non possono salvarmi;

È qualcosa che appartiene a un altro mondo che salva questo mondo. Che cosa sazia questa fame di vita? ci vorrebbe un altro mondo e un’altra vita [Miguel Manara]; il nostro grido punta verso il cielo!

Per questo la liturgia delle ore ci fa iniziare ogni preghiera con una invocazione: O Dio vieni a salvarmi! Signore vieni presto in mio aiuto! L’avvento è il tempo in cui riprendere coscienza di questo grido che nasce dal nostro cuore di fronte alla vita; dobbiamo gridare senza demoralizzarci perché solo chi cerca trova; dobbiamo gridare senza accontentarci di una piccola felicità borghese. Gridare significa tenere aperta la porta attraverso la quale la salvezza può entrare nella nostra vita.

Gridare veramente significa avere il coraggio di seguire la traiettoria del desiderio fino in fondo; la parola desiderio [de-sidera] significa nostalgia delle stelle; tutti i nostri piccoli desideri sono frammenti di un grande desiderio; sono nostalgia della casa paterna da cui veniamo; il nostro cuore lo sa bene che cosa attende; attende che Dio ci venga a salvare per rifare del mondo la sua casa.

Il Natale è la risposta di Dio a questo grido dell’uomo. Dio si fa uomo per svelarci il senso della vita; per vincere la morte; per liberarci dal male che abbiamo commesso; per riunire i frammenti della nostra vita spezzata; per ricordarci che abbiamo un valore anche se falliamo; per riconsegnarci la nostra anima perduta.

Il Natale non è una fiaba per bambini perché ognuno di noi – dentro le circostanze che sta vivendo – sente questa domanda di salvezza. Attendiamo che Dio si faccia carne nella nostra storia e attraverso un volto venga ad abbracciare e salvare la nostra vita.